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怪しい案件の数々
『イザベラ・デステ』
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『サルバトール・ムンディ』
レオナルドの真作と鑑定されて初めての落札者は、スイス人の美術商 (約90億で落札)
『アイルワースのモナ・リザ』
スイスの銀行地下に長らく保管されていた。
(この事実は、世の人々に広く定着されている)
『イザベラ・デステ』発見!!
これもまた、
発見場所が、スイスの銀行だった。
この絵は、2013年10月、スイスのトゥルギにある銀行に、
400いくつかの作品と一緒に発見されたもの。
所有者は匿名のイタリア人一家で、20世紀初頭からそこにあったそうだ。
※ 詳細
Il Leonardo mai visto in una collezione privata
Scoperto il ritratto fatto a Isabella d’Este
Risolto un mistero durato 500 anni. Il dipinto è emerso da un caveau svizzero. Il racconto della nostra collaboratrice Veronica Artioli
Il ritratto ritrovato
Il ritratto ritrovato
È lì, rinchiusa in un caveau svizzero, con una corona in testa e una palma impugnata come uno scettro, dettagli quasi certamente aggiunti dagli allievi «più affezionati» (Salaì e Melzi) che il maestro portò con sé a Roma nel 1514. Isabella d’Este, addobbata come fosse santa Caterina d’Alessandria, aspetta di entrare, per la prima volta da quando la dipinse Leonardo, in un museo.
La sua storia - ricostruita in esclusiva da «Sette» - ha gli ingredienti di un thriller. Con buone probabilità di approdare a un epilogo positivo. Era cominciata con un cartone preparatorio (conservato al Louvre) abbozzato da Leonardo nel 1499 durante un soggiorno a Mantova, ospite dei Gonzaga; negli anni successivi, più volte la marchesa inviò lettere e ambasciatori implorando che lo schizzo venisse trasformato «de colore», ma nulla di più, salvo l’«avvistamento», nel 1517, del ritratto di una signora lombarda nel castello di Blois. Poi, un silenzio «assordante» che ha prodotto fiumi d’inchiostro e la conclusione, di sconsolati studiosi, che forse il quadro non era mai stato realizzato o che Isabella non foss’altro che la Gioconda: Mona Lisa, ovvero Mona l’Isa (bella). Tre anni e mezzo fa, infine, il ritratto è riemerso dall’eredità di una famiglia che vive, dagli inizi del Novecento, tra il Centro Italia e la Svizzera, a Turgi, nel cantone Argovia.
Il bozzetto conservato al Louvre
Il bozzetto conservato al Louvre
Ma andiamo per ordine. Innanzitutto, i proprietari (di cui non conosciamo il nome) apprenderanno da queste pagine che il loro non è più un segreto. Da cronisti, non potevamo attendere: venuti in possesso della fotografia del quadro, della prova del Carbonio 14 (che data i materiali) e, soprattutto, di una lettera con le conclusioni del professor Carlo Pedretti, ritenuto unanimemente il massimo studioso di Leonardo (direttore del Centro Studi Vinciani dell’Hammer Museum di Los Angeles), dovevamo andare a fondo e raccontare tutta la storia, dopo aver raggiunto la ragionevole certezza di non essere incappati in una sorta di «falso diario di Hitler». Anche perché, negli ultimi anni, le polemiche attorno a Leonardo e a sue ipotetiche opere hanno animato le cronache (ancor più dopo il romanzaccio di Dan Brown). Prima di andare in stampa, allora, abbiamo parlato con Pedretti. Il professore ci ha scongiurato di aspettare: «Non ci sono dubbi che il ritratto sia opera di Leonardo, però, dopo tre anni e mezzo di studi, ci serve ancora una manciata di mesi per definire quali sono le parti aggiunte dagli allievi e proporre di cancellarle».
Al professore, il quadro era stato portato da un insegnante d’arte che ha dedicato la vita allo studio di Leonardo, Ernesto Solari, non nuovo a scoperte in materia leonardesca, di cui Pedretti ha stima avendolo citato più volte nei suoi libri. Solari aveva avuto l’intuizione e, soprattutto, sapeva dove cercare. In questi tre anni e mezzo, oltre ai documenti che riportiamo su «Sette», sono stati fatti altri accertamenti scientifici. Il primo, realizzato grazie a tre prelievi dall’opera, ha dimostrato che i pigmenti sono esattamente quelli utilizzati da Leonardo; il secondo, che l’imprimitura della tela è preparata secondo la ricetta scritta da Leonardo nel suo Trattato; infine, la cosa più stupefacente: la fluorescenza ha fatto riapparire, davanti alla mano, il libro, simbolo di Isabella protettrice di Lettere e Arti, presente nel cartone del Louvre.
Ora si apre il dibattito sull’autenticità del dipinto. Se, come tutte le ricerche sembrano attestare, il ritratto è stato realizzato da Leonardo e poi ultimato dai suoi allievi, potrebbe cambiare un pezzo significativo della Storia dell’Arte. Il quadro e la sua tecnica sono precedenti la realizzazione della Gioconda e del San Giovanni Battista, sui quali ha quindi profondamente influito. Dovrebbero anche essere ridiscusse alcune conclusioni a cui è giunto il numero due degli studiosi di Leonardo: Martin Kemp. Le sue teorie sembrano costruite addosso a quest’opera, in particolare quando sostiene che Leonardo non era un pittore di professione e quasi mai ha portato a termine le sue opere, spesso conservandole presso di sé fino alla morte; dice, inoltre, che era uno sperimentatore, soprattutto nella pittura, escludendo, però, che avesse realizzato quadri su tela. Questa Isabella è su tela, una tela preparata secondo la «ricetta di Leonardo». Misteri di un genio. E misteri delle opere a lui attribuite.
11 ottobre 2013 (modifica il 11 ottobre 2013)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
レオナルドの真作と鑑定されて初めての落札者は、スイス人の美術商 (約90億で落札)
『アイルワースのモナ・リザ』
スイスの銀行地下に長らく保管されていた。
(この事実は、世の人々に広く定着されている)
『イザベラ・デステ』発見!!
これもまた、
発見場所が、スイスの銀行だった。
この絵は、2013年10月、スイスのトゥルギにある銀行に、
400いくつかの作品と一緒に発見されたもの。
所有者は匿名のイタリア人一家で、20世紀初頭からそこにあったそうだ。
※ 詳細
Il Leonardo mai visto in una collezione privata
Scoperto il ritratto fatto a Isabella d’Este
Risolto un mistero durato 500 anni. Il dipinto è emerso da un caveau svizzero. Il racconto della nostra collaboratrice Veronica Artioli
Il ritratto ritrovato
Il ritratto ritrovato
È lì, rinchiusa in un caveau svizzero, con una corona in testa e una palma impugnata come uno scettro, dettagli quasi certamente aggiunti dagli allievi «più affezionati» (Salaì e Melzi) che il maestro portò con sé a Roma nel 1514. Isabella d’Este, addobbata come fosse santa Caterina d’Alessandria, aspetta di entrare, per la prima volta da quando la dipinse Leonardo, in un museo.
La sua storia - ricostruita in esclusiva da «Sette» - ha gli ingredienti di un thriller. Con buone probabilità di approdare a un epilogo positivo. Era cominciata con un cartone preparatorio (conservato al Louvre) abbozzato da Leonardo nel 1499 durante un soggiorno a Mantova, ospite dei Gonzaga; negli anni successivi, più volte la marchesa inviò lettere e ambasciatori implorando che lo schizzo venisse trasformato «de colore», ma nulla di più, salvo l’«avvistamento», nel 1517, del ritratto di una signora lombarda nel castello di Blois. Poi, un silenzio «assordante» che ha prodotto fiumi d’inchiostro e la conclusione, di sconsolati studiosi, che forse il quadro non era mai stato realizzato o che Isabella non foss’altro che la Gioconda: Mona Lisa, ovvero Mona l’Isa (bella). Tre anni e mezzo fa, infine, il ritratto è riemerso dall’eredità di una famiglia che vive, dagli inizi del Novecento, tra il Centro Italia e la Svizzera, a Turgi, nel cantone Argovia.
Il bozzetto conservato al Louvre
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Ma andiamo per ordine. Innanzitutto, i proprietari (di cui non conosciamo il nome) apprenderanno da queste pagine che il loro non è più un segreto. Da cronisti, non potevamo attendere: venuti in possesso della fotografia del quadro, della prova del Carbonio 14 (che data i materiali) e, soprattutto, di una lettera con le conclusioni del professor Carlo Pedretti, ritenuto unanimemente il massimo studioso di Leonardo (direttore del Centro Studi Vinciani dell’Hammer Museum di Los Angeles), dovevamo andare a fondo e raccontare tutta la storia, dopo aver raggiunto la ragionevole certezza di non essere incappati in una sorta di «falso diario di Hitler». Anche perché, negli ultimi anni, le polemiche attorno a Leonardo e a sue ipotetiche opere hanno animato le cronache (ancor più dopo il romanzaccio di Dan Brown). Prima di andare in stampa, allora, abbiamo parlato con Pedretti. Il professore ci ha scongiurato di aspettare: «Non ci sono dubbi che il ritratto sia opera di Leonardo, però, dopo tre anni e mezzo di studi, ci serve ancora una manciata di mesi per definire quali sono le parti aggiunte dagli allievi e proporre di cancellarle».
Al professore, il quadro era stato portato da un insegnante d’arte che ha dedicato la vita allo studio di Leonardo, Ernesto Solari, non nuovo a scoperte in materia leonardesca, di cui Pedretti ha stima avendolo citato più volte nei suoi libri. Solari aveva avuto l’intuizione e, soprattutto, sapeva dove cercare. In questi tre anni e mezzo, oltre ai documenti che riportiamo su «Sette», sono stati fatti altri accertamenti scientifici. Il primo, realizzato grazie a tre prelievi dall’opera, ha dimostrato che i pigmenti sono esattamente quelli utilizzati da Leonardo; il secondo, che l’imprimitura della tela è preparata secondo la ricetta scritta da Leonardo nel suo Trattato; infine, la cosa più stupefacente: la fluorescenza ha fatto riapparire, davanti alla mano, il libro, simbolo di Isabella protettrice di Lettere e Arti, presente nel cartone del Louvre.
Ora si apre il dibattito sull’autenticità del dipinto. Se, come tutte le ricerche sembrano attestare, il ritratto è stato realizzato da Leonardo e poi ultimato dai suoi allievi, potrebbe cambiare un pezzo significativo della Storia dell’Arte. Il quadro e la sua tecnica sono precedenti la realizzazione della Gioconda e del San Giovanni Battista, sui quali ha quindi profondamente influito. Dovrebbero anche essere ridiscusse alcune conclusioni a cui è giunto il numero due degli studiosi di Leonardo: Martin Kemp. Le sue teorie sembrano costruite addosso a quest’opera, in particolare quando sostiene che Leonardo non era un pittore di professione e quasi mai ha portato a termine le sue opere, spesso conservandole presso di sé fino alla morte; dice, inoltre, che era uno sperimentatore, soprattutto nella pittura, escludendo, però, che avesse realizzato quadri su tela. Questa Isabella è su tela, una tela preparata secondo la «ricetta di Leonardo». Misteri di un genio. E misteri delle opere a lui attribuite.
11 ottobre 2013 (modifica il 11 ottobre 2013)
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